Prima Traccia
Massimo Faccini, chirurgo per scelta, pittore per vocazione e Serena Viola, autrice di albi illustrati, cresciuta fra le tele del padre pittore Rodolfo Viola (fondatore del Manifesto dell’Universalismo), educata al valore del segno e del colore come risorsa spirituale, hanno co-creato Prima Traccia, una grande opera (200x180 cm) lavorando per molti giorni, ascoltando musica Jazz, e nessuno saprà mai chi ha tracciato il primo segno sulla tela dipinta in esclusiva per questa mostra sui generis. come documenta il reportage fotografico in mostra di Alessandro Giugni, che ha colto l’istante della creazione nella casualità in fieri di una performance condivisa.
Gli Autori propongono un’azione artistica condivisa che non ha precedenti, un atto unico che comprende diversi gesti pittorici e cromatismi vibranti di due amici nella vita, all’insegna della libertà espressiva per dare forma e colori a un processo di scambio empatico, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio, sospinti da quell’invisibile e misterioso accordo basato sulla percezione del vedere e l’attitudine al creare combinazioni di nuovi paesaggi, senza sapere quali, che sfumano i confini tra il tangibile e l’intangibile.
Il percorso espositivo si snoda in due sale della Fondazione Rodolfo Viola a Milano, in Corso San Gottardo 19, che ospita la collezione permanente e l’atelier del pittore astratto-lirico, dal timbro luministico, dove l’interdisciplinarietà e lo spirito inclusivo delle arti visive sono di casa, aperta al dialogo e a corrispondenze tra tecniche e linguaggi differenti.
Jacqueline Ceresoli
Foto di Alessandro Giugni
-
DUETTO PITTORICO IN UN UNICO ATTO ARTISTICO
ALLA FONDAZIONE RODOLFO VIOLA - MILANO
Massimo Faccini, chirurgo per scelta, pittore per vocazione e Serena Viola, autrice di albi illustrati, cresciuta fra le tele del padre pittore Rodolfo Viola (fondatore del Manifesto dell’Universalismo), educata al valore del segno e del colore come risorsa spirituale, hanno co-creato Prima Traccia, una grande opera (200x180 cm) lavorando per molti giorni, ascoltando musica, e nessuno saprà mai chi ha tracciato il primo segno sulla tela dipinta in esclusiva per questa mostra sui generis.
Gli Autori propongono un’azione artistica condivisa e inedita, un atto unico che comprende diversi gesti pittorici e cromatismi vibranti di due amici nella vita, all’insegna della libertà espressiva per dare forma e colori a un processo di scambio empatico, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio, sospinti da quell’invisibile e misterioso accordo basato sulla percezione del vedere e l’attitudine al creare combinazioni di nuovi paesaggi, senza sapere quali, che sfumano i confini tra il tangibile e l’intangibile.
Dal loro fare condiviso sono emerse inattese corrispondenze tra le pennellate ad olio incisive di matrice “espressionista-astratta” di Faccini e i segni “mironiani” a tecnica mista di Viola, risolte in contrappunti compositivi di linee orizzontali e verticali, sospesi intrecci tra figurazione e astrazione con evocazioni di paesaggi possibili.
Li unisce la passione per il disegno e l’autentica necessità istintiva di esprimersi attraverso il colore: un moto liberatorio della psiche per dare valore all’arte dell’incontro e una riappropriazione di uno spazio emozionale attraverso il colore-gesto che si fa materia dell’arte, come testimonia Prima Traccia dipinta a quattro mani da personalità diverse, unite dal coraggio di condividere qualcosa di unico e irripetibile nel rispetto dell’identità e stile personale che ciascuno esprime in occasione di questa esperienza sensoriale tra materia e colore in cui tracce cromatiche “danzano” in una affascinate sequenza dinamica.
Il percorso espositivo si snoda in due sale della Fondazione Rodolfo Viola a Milano, in Corso San Gottardo 19, sede della collezione permanente e atelier del pittore astratto-lirico, dal timbro luministico, dove l’interdisciplinarietà e lo spirito inclusivo delle arti visive trovano un luogo di dialogo e corrispondenze tra tecniche e linguaggi differenti. E qui, nel cuore del Naviglio, Massimo e Serena hanno materializzato una concezione di pittura condivisa e dinamica, non soltanto su tela ma anche nella modalità dell’allestimento delle sale, dove hanno “accordato” opere da loro selezionate in funzione del luogo, utilizzando le pareti come una tela e i quadri al posto dei colori, tracciando tra uno spazio vuoto e uno pieno, un ideale spartito musicale. Questa sinergica cre-action dimostra che il “saper fare” insieme, da intendere come ricerca di armonia e fatto conoscitivo della psiche, è un segno vitalistico dell’arte contemporanea contro le derive narcisistiche dell’ego.
Gli Autori, sospesi tra post-modernità e intenzionalità di un seducente corpo a corpo pittorico, condividono accordi cromatici e contrappunti segnici tra linee vorticose e macchie in costante divenire.
Sei opere di Faccini e dodici di Viola, aprono il nostro sguardo a connessioni sul rapporto tra ideazione e manualità. In questa mostra la pittura attiva spazi del colore che si fa strumento metaforico di configurazione di una esperienza di armonia, nella bellezza del gesto condiviso. è un atto unico in due tempi, prima sulla tela e poi nelle sale della Fondazione Rodolfo Viola dove, in maniera intimistica, compaiono mondi soggettivi e paesaggi cromatici come dono reciproco e simbolo di connessione spirituale, ciascuno nel rispetto delle proprie soggettività.
La mostra è il risultato della messa in “opera-azione” percettiva e sensoriale, con opere selezionate dagli stessi Autori che nell’allestimento non seguono un ordine cronologico, bensì formale-cromatico e associativo tra linea e colore, in cui spiccano interferenze di segni per visualizzare mutazioni interne della pittura, in una concatenazione di gesti impulsivi e controllati insieme, come motore visivo di trasformazione perenne, con il fine di ripresentare il colore quale fondamento dell’essere.
Viola e Faccini generano una mostra scaturita da un confronto dialettico e dallo scambio di idee sulle possibili evoluzioni della pittura contemporanea come processo rigenerativo sul rapporto luce-colore di morfologie inattese nell’atto creativo, originale e assolutamente non riproducibile dall’Intelligenza Artificiale.
Gli Autori agiscono insieme facendo emergere aspetti convergenti in composizioni casuali e insieme controllate, tessendo una trama di nuove espressioni dell’esserci, qui e ora attraverso la pittura.
Per Faccini la pittura è un organismo vivente, in cui il colore è il sangue della percezione che si fa visione e gesto dell’automatismo psichico, mentre per Viola corrisponde all’urgenza espressiva interiore di una analisi dei dati in tempo reale che si manifesta in un sistema di macchie pittoriche autonome e indipendenti.
Il loro agire sincronico si configura sulla tela e nelle sale espositive irrorate di luce naturale, strutturando un linguaggio oggettivo e soggettivo insieme, con una pittura-partitura articolata su inclinazioni e piani diversi, intrecciando nuovi paesaggi in un pacato equilibrio dinamico di consapevole bellezza, portando in superfice luoghi empatici di eventi visibili e invisibili.
Nel segno irrequieto e materico di Faccini, come nelle macchie esistenziali intimiste di Viola, il colore è soggetto in continuo movimento che agisce sui nostri sensi, seppure apparentemente immobile, per connettere creatività e azione.
In mostra, osserviamo opere e allestimento co-creati, immagini di variabili ritmiche, moti verticali ed orizzontali che tra un colore e l’altro fanno spazio a una esperienza immersiva e totalizzante, annullando le differenze tra maschile e femminile, spirito e materia, all’insegna di un giocoso simbolismo in un ciclo continuo di contrappunti di costruzione e interferenze di linee.
Gesti cromatici per riflettere sul nostro rapporto tra io e l’altro, all’insegna di un nuovo umanesimo per superare il buio dell’Antropocene con il loro Simbiocene, una parola nuova che definisce una visione post antropocentrica ispirata agli scritti dei filosofi Glenn Albrecht e Donna Haraway, come documenta il reportage fotografico in mostra di Alessandro Giugni, che ha colto l’istante della creazione nella casualità in fieri di una performance condivisa.
Jacqueline Ceresoli